IL CANE MORDE L'INTRUSO: PROFILI LEGALI E CONSEGUENZE.

La crescente escalation di furti e rapine in abitazione privata, nonché il generico senso di insicurezza che pervade la società in questa precaria congiuntura economico sociale, hanno indotto molte persone a rivalutare il ruolo del cane da guardia, che nei decenni precedenti stava cadendo in disuso, si voglia per la convinzione che esso non fosse più utile al cospetto dello sviluppo di nuove tecnologie quali allarmi o simili, o per l'errata convinzione che i malintenzionati abbiano sviluppato chissà quali artefici per aggirare il nostro quadrupede a difesa dell'abitazione.

 

 

Oggi, fortunatamente, questo convincimento pare stia venendo meno, con tutte le conseguenze, anche giuridiche, che ciò comporta. Ebbene sì, perché dotarsi di un cane da guardia porta seco delle responsabilità significative, in primis perché si ha a che fare con animali molto forti che se mal gestiti possono dare problemi.

 

 

Il fine specifico di questo breve scritto, però, ha per oggetto le possibili conseguenze legali che possono verificarsi qualora un malintenzionato, introducendosi indebitamente nella proprietà altrui, venga attaccato e gravemente ferito, se non addirittura ucciso, dal cane a difesa dell'abitazione.

Il problema ha una rilevanza non trascurabile per molti cittadini, giacché il percepito garantismo eccessivo che esiste nel nostro Paese induce molti a credere che in una situazione di tal fatta il proprietario ne debba rispondere per danni. Purtroppo risulta difficile dare delle risposte eccessivamente rassicuranti sotto questo punto di vista, giacché la giurisprudenza non fornisce molti casi simili e, soprattutto, ne fornisce ancor di meno se consideriamo che la norma è stata modificata nel 2006, e quindi è necessario nonché fisiologico un periodo di tempo di adeguamento.

 

 

Entrando nel merito giuridico, la legge da considerare ai nostri fini è l'art. 52 del codice penale sulla legittima difesa, così come modificato dalle legge 13/02/2006, n.59. Quest'ultima modifica ha apportato dei cambiamenti molto rilevanti rispetto alla precedente, la cui applicazione è ormai venuta meno ma che ha caratterizzato per moltissimi anni il sistema giuridico penale italiano.

Prima della novella, infatti, tale norma prevedeva che in qualunque contesto la difesa dovesse essere proporzionale all'offesa. Tale situazione normativa determinava che, a fronte di un furto nel quale venivano messi in pericolo dei beni patrimoniali, non sussisteva la possibilità di ledere l'integrità fisica del malintenzionato, giacché il valore della vita (e, dunque, dell'integrità fisica) è certamente superiore rispetto a quello della proprietà. La situazione mutava solo allorché l'intruso attentasse alla vita o all'incolumità delle persone all'interno dell'abitazione, in quel caso infatti la possibilità di difendersi andava a comprendere altresì la lesione della persona del delinquente. In ogni caso, tale valutazione era rimessa caso per caso ad un giudice, il quale doveva ricostruire quello che in linguaggio tecnico giuridico viene definito l'elemento soggettivo del reato, ossia l'intenzione dell'agente di ledere solo ad un bene patrimoniale o anche, ove la situazione lo avesse richiesto (in questo caso si parla di “dolo eventuale”) anche quello delle persone. Tale ricostruzione risultava molto difficile, così come risultava ancor più difficile, se non- mi permetto di dire- impossibile, per il malcapitato che si trovava degli estranei all'interno della sua proprietà, e doveva dunque mantenere la freddezza necessaria per comprendere quale bene tale aggressore volesse ledere.

Da quanto scritto, risulta facile comprendere come anche nel caso di un cane che aggredisse una persona nella sua proprietà, senza che questa avesse manifestato nessun intento lesivo dell'integrità fisica e della vita dei residenti, poteva comportare la responsabilità del proprietario. Ugualmente, ove la casa fosse stata vuota e difesa dal solo cane, sarebbe stato impossibile ricostruire la volontà del soggetto agente di ledere a delle persone, che in un caso di tal fatta sarebbero state, per l'appunto, assenti.

La norma, però, è mutata nel 2006, in seguito ad un'ondata popolare che mal tollerava il crescente numero di intrusioni, tanto nelle abitazione quanto nel luogo di lavoro, che si risolvevano a volte in furti, ed altre in vere e proprie rapine.

 

 

Il Parlamento, perciò, attraverso la summenzionata legge 59 del 2006, decise di mutare la regola della legittima difesa che fino ad allora, come visto, rimetteva al giudice il giudizio di proporzionalità della difesa. Da allora, infatti, fu stabilito che la reazione armata da parte di chi si trova un intruso nella proprietà è sempre legittima, a nulla rilevano l'intenzione del malvivente, quando quest'ultimo palesa anche solo un minimo potenziale di pericolo. È stato di fatto introdotto la possibilità di sparare o di ledere fisicamente ogni qual volta che una persona si introducesse indebitamente in una proprietà altrui. Questa modifica cambia in modo significativo anche le conseguenze per il cane guardiano che dovesse aggredire un intruso.

Innanzitutto è bene sottolineare che, se è legittimo l'uso di un'arma da fuoco per difendersi, lo è altresì quello di un cane da guardia, il quale è certamente meno lesivo potenzialmente, avendo però in più un forte potere dissuasore, dal momento che spesso (ma non sempre) svolge un ruolo preventivo. Quindi, allorché una persona decida di introdursi illegittimamente nella casa di altri, non può non prefigurarsi i pericoli derivanti da una legittima difesa sia del proprietario, che del cane.

Alcuni potrebbero obiettare, però, che essendosi il ladro assicurato la non presenza dei proprietari in casa, non potrebbe prefigurarsi alcuna intenzione lesiva di un bene personale, e che dunque un'eventuale aggressione non potrebbe considerarsi legittima, giacché non si potrebbe ipotizzare alcun pericolo. In realtà, anche in questo caso il problema non pare potersi porre: il ladro, infatti, non ha modo di potersi assicurare empiricamente che non ci sia nessuna persona presente in casa.

Occorre però ricordare che l'uso dell'arma, stante quanto disposto dalle legge, è legittimo ove non vi sia desistenza o non sia certa l'inesistenza di intenzioni aggressive. Va da sé che, in casi simili, il cane non è in grado di operare un discernimento tra le diverse situazioni. In questo caso la migliore forma di tutela è la segnaletica: è infatti sempre necessario esporre fuori dalla propria abitazione uno o più chiari segnali che indichino la presenza del cane. Si consiglia, inoltre, di non limitarsi ad un'indicazione scritta in lettere, giacché taluno potrebbe obiettare la non conoscenza della lingua italiana. Ecco perché è auspicabile l'utilizzo di una segnaletica che non dia adito a dubbi circa la presenza e l'attitudine del cane in questione, in modo da essere sempre tutelati e non permettere ad alcun malvivente di obiettare alcunché.

 

In conclusione, ritengo di poter affermare con buona probabilità che ad oggi la legge permette un uso più che efficace del cane da guardia, il quale potrà fare il suo lavoro in un eventuale caso concreto senza temere ripercussioni. Sarà sempre bene, come detto, avere un'adeguata segnaletica. Il consiglio, in ogni caso, è quello di avere il cane sotto controllo, e di fare dunque degli adeguati percorsi addestrativi affinché ciò sia possibile: il controllo del cane, infatti, è sempre utile in caso di eventuali perizie che si dovessero disporre per valutare la reale pericolosità del soggetto.