BIRRA, QUESTIONE DI ETICHETTA

L’argomento etichettatura, quando si parla di alcolici, ha una forte risonanza in ambito vitivinicolo e spesso ci si dimentica che anche altre bevande, fra cui la celeberrima birra, sono soggette a un regime normativo molto preciso.

LA DEFINIZIONE DI BIRRA DAL PUNTO DI VISTA LEGISLATIVO

La prima domanda che bisogna porsi, quando si parla di alimenti e bevande da una prospettiva giuridica, è la loro definizione, giacché solo l’alcolico che rientra nel dettato legislativo può essere denominato birra in etichetta.

La l. 16.8.62 n. 1354 e s.m.i. (disciplina igienica della produzione e del commercio della birra) designa tale bevanda come il “prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di saccharomyces carlsbergensis o di sacharomyces cerebisiae di un mosto preparato con malto, anche torrefatto, di orzo o di frumento o di loro miscele ed acqua, amaricato con luppolo o suoi derivati o con entrambi”.

Dall’analisi della legge emergono delle deroghe interessanti rispetto al concetto di birra “classica”: innanzitutto è ammesso l’impiego di estratti di malto torrefatto e di alcuni additivi alimentari. Inoltre, il malto d’orzo o di frumento può essere sostituito con altri cereali, anche rotti o macinati sotto forma di fiocchi, nonché con materie prime amidacee e zuccherine nella misura massima del 40% calcolato sull’estratto secco del mosto.

TIPI DI BIRRA

La legge 1354/62, all’art. 2, detta i criteri per distinguere diverse tipologie di birra. Vengono così disciplinate la birra analcolica e la birra leggera, tenute ben distinte dalla definizione di “birra”.

Quest’ultima dicitura, infatti, è riservata al prodotto con grado Plato* superiore a 10,5 e con titolo alcolometrico volumico superiore a 3,5. Non solo, se il Plato è uguale o superiore a 12,5 si può utilizzare la denominazione birra speciale, mentre, se il grado Plato non è inferiore a 14,5, la bevanda si può definire birra a doppio malto.

Per birra analcolica, invece, si intende il prodotto con grado Plato tra 3 e 8, e con volume alcolometrico non superiore a 1,2. Va sottolineato in tema un dato significativo: la parola “analcolica” non implica necessariamente una totale assenza di alcool, giacché, anche per questa tipologia di birra, è possibile la presenza di un 1,2% di titolo alcolometrico.

La birra leggera, infine, ha un grado Plato tra 5 e 10,5, con un titolo alcolometrico compreso tra 1,2% e 3,5%.

LA BIRRA AROMATICA

Alla birra possono essere aggiunti frutta, succhi di frutta, aromi o altri ingredienti alimentari. In questo caso è obbligatorio che la denominazione di vendita riporti il nome della sostanza caratterizzante la bevanda.

INDICAZIONI OBBLIGATORIE

Come per il vino, anche per la birra non sarà più necessario inserire il nome del produttore, bensì quello del responsabile della sua messa in commercio, come l’imbottigliatore. La ratio sottesa a questa norma è quella di permettere al consumatore di rivalersi contro l’ultima persona della filiera che ha “messo mano” al prodotto. Quest’ultimo, successivamente, potrà rivalersi contro il produttore, ove provi di avere rispettato tutte le prescrizioni di legge. Altre indicazioni obbligatorie sono il volume (ossia la quantità di prodotto presente in bottiglia), il titolo alcolometrico, il Paese di produzione, il lotto e la presenza di allergeni oltre, ovviamente, alla corretta denominazione.

DIVIETI PERENTORI

È fatto divieto assoluto  di aggiungere alla birra o di utilizzare nella sua preparazione sostanze schiumogene.

È altrettanto vietato utilizzare qualsiasi metodo diverso da mezzi meccanici o innocui per ottenere la chiarificazione.

*I gradi Plato sono una unità di misura della densità di una soluzione o di una miscela.

 

Dott. Angelo Riva

Giurista agroalimentare e vitivinicolo

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